So long, and thanks for all the fish – Enzo Baldoni

Poco tempo fa ho scoperto l’esistenza di una roba chiamata trigger warning a causa di un post letto qua.
Il trigger warning, da quel che ho capito, è l’equivalente degli adesivi “Parental Advisory”: io ti dico che questo testo/video/qualsiasi cosa contiente argomenti che potrebbero risvegliarti dei traumi, poi, però, fai te, ecco.
Come scriveva l’autrice del post che ho linkato poc’anzi, tale etichetta si potrebbe applicare un po’ a tutto.
Comunque, a parte i discorsi sull’efficacia e l’utilità di questi tentativi un po’ morbosi e un po’ insufficienti di etichettare le cose, il meccanismo di trigger di un trauma (se di qua passa uno psicologo e mi corregge la terminologia è ben accetto) è qualcosa che succede sul serio. Un evento, una parola, una scena e BAM, di botto inizi a ricordare qualcosa che non volevi ricordare.

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Differenze culturali: i vitelloni d’oltralpe

In Italia, tendenzialmente, ti urlano dietro. Oppure ti salutano insistentemente.
Ho un campionario di situazioni in cui mi hanno detto cose, andiamo dalla volta tragicomica in cui un vecchietto col treppiede salutò il mio passaggio con un “Bella gnocca!”, a quella un tantinello più angosciante in cui, dopo avermi salutato (“Ciao, bella!”), un tizio si mise a seguirmi, all’una di notte, in centro, mentre tornavo a casa.
Queste sono situazioni considerate sostanzialmente “innocue”, specialmente quando le racconti agli amici che sdrammatizzano con un “Lo fanno perché sei carina” e sorridono accomodanti (e tu ti incazzi).
Da quando sono in Francia posso dire di aver apprezzato una decisa differenza culturale nell’approccio. Qua attaccano bottone e PARLANO. Anche se tu non sai rispondere; loro parlano.
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