mio fratello

non è figlio unico, ma siamo lì

Mio fratello è affetto da una malattia rara, forse metabolica. Dico “forse” perché, nonostante tentativi di diagnosi varia, primari e istituti neurologici specializzati, finora non si è arrivati ad una diagnosi conclusiva.

E sinceramente dubitiamo ci arriveremo mai.

Non vivendo nella stessa città, ma neanche nella stessa nazione, mio fratello lo vedo a distanza di mesi e ogni volta c’è qualcosa che non funziona più come dovrebbe.

Le malattie neurodegenerative non sono una bella cosa con cui avere a che fare.

Io sono stata arrabbiata tanto tempo, con mio fratello, forse piuttosto con la sua malattia. Non accettavo che non potesse essere come tutti gli altri fratelli, crescere, finire la scuola, trovarsi una fidanzata, diventare un adulto complice o nemico. Nessuna di queste cose è andata come ci aspettavamo.

Ho sperato per tanti anni che finalmente si trovasse una cura e lui guarisse e magicamente riuscisse a recuperare tutto il tempo perduto. Almeno un poco.

E invece non è andata così e probabilmente non succederà. Andiamo avanti a tentoni, a tentativi, a cure farmacologiche che non sembrano mai fare granché – perché noi vorremmo il miracolo e non il palliativo.

Tuttavia, ci sono una serie di cose che si imparano da un fratello. Un fratello con una malattia rara non fa eccezione:

  • Abbi pazienza. Tu pensi che ad un certo punto la tua pazienza si esaurisca, poi però arrivi ad un momento in cui non puoi mollare e quindi la tua pazienza si estenderà in direzioni che non potevi immaginare.
    Si può allenare, la pazienza.
    Trovati lo stesso un posto per berti in silenzio e solitudine una tazza di tè, dopo che il momento in cui non puoi mollare è passato.
  • Si vive lo stesso, anche se le cose non vanno come pensavi dovessero andare. Si vive. Magari non benissimo, ma si vive lo stesso.
  • Non aspettarti dagli altri quello che tu riesci a fare. Accetta i loro limiti. Accetta che non siano come tu vorresti che fossero. Non succede nulla.
  • Sempre in tema: “non proiettare te stesso sugli altri”: non giudicare quel che agli altri piace secondo i tuoi canoni. Per dire, mio fratello si è fatto accompagnare a vedere Fast and Furious.
    Da me.
    Miss “Solo film armeni sottotitolati in coreano (del Nord)”.
    Come vedete sono sopravvissuta e sono qua a scriverne.
  • Non vergognarti. Né di te, né della tua famiglia, né dei tuoi amici. Gli altri ti giudicheranno, forse, quindi ricorda di portare con te sempre, e di distribuire agli astanti, il seguente santino:
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  • Le frasi motivazionali che innondano la tua home di Facebook sono fuffa: no, non tutto andrà bene, no, non tutto passerà, no, non basta volerlo intensamente e metterci tutto te stesso: talvolta la verità è che per quanto tu ci speri e ci provi le cose andranno male lo stesso. Tuttavia, non arrabbiarti con chi posta queste cose, spesso ne ha bisogno.
  • A volte la rassegnazione è quel che serve per accettare una situazione immutabile, fare un passo di lato e vedere cosa si può fare con quel che hai, anche se speravi in un Makita e invece ti hanno dato le brugole dell’IKEA.
  • Non c’è una cura per ogni malattia, non c’è guarigione, a volte non si sa neanche quale sia la malattia, e per questo non possiamo essere contro la sperimentazione animale e la ricerca, né avallare l’ignoranza e lasciare il campo libero a ciarlatani che campano sul nostro dolore e le nostre speranze.
  • La gente è in maggior parte sana, ma crede di essere malata. Forse è come quando siamo piccoli e speriamo di stare male per essere curati e sentirci speciali, non lo so. Conosco tantissima gente sana che crede di avere intolleranze, energie invertite, chakra bloccati. I sani non lo sanno com’è, essere malati. Quanto fa schifo dover dipendere da un farmaco. Quindi possono permettersi di usare l’omeopatia, i fiori di Bach, di non vaccinarsi, di non bere il latte perché il latte FA MALE e credere a tutta una catena di puttanate a partire dalla dieta alcalina fino al biodinamico.
    A volte ti viene voglia di dargli un cartone, poi ti ricordi della storia dei limiti altrui e cerchi di parlarci in modo civile. Non funziona sempre.
  • La stessa gente sana che crede di essere malata ha paura della malattia altrui. È per questo che se tu o qualcuno a te vicino sta male vedrai pian piano le tue cerchie sociali restringersi, e sarai sempre più solo e isolato. Non è facile parlare della malattia, soprattutto di alcune malattie, anche perché si ha paura che gli altri ti abbandonino. Fortunatamente c’è anche il rovescio della medaglia: ci sono quelli che invece rimangono, e ti si fanno più vicini, e ti supportano quando hai bisogno senza fare troppe domande. Adesso io so distinguere i buoni amici dai cattivi amici, e dei secondi faccio volentieri a meno, anche senza addurre motivazioni plausibili come vorrebbero l’educazione e mia nonna Mariuccia, buon’anima.
  • Ma soprattutto, l’insegnamento più importante: nessuno riesce a giocare a Need for Speed, ne sono certa. Noi (mio fratello ed io – “Pigropanda, aiutami!”) ci schiantiamo contro i guardrail costantemente.

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